martedì 20 novembre 2012

OBIETTIVO "EMPOWERMENT"



Car* amic*,
pensando (come già accennato in un'altra area del blog) a una comunicazione educativa concepita  come plurisemantica -  in grado di cogliere tutte le dimensioni dello sviluppo personale, sia come acquisizione di saperi che come adattamento sociale e professionale … nella quale l’azione regolativa  delle variabili personali e culturali e delle variabili sociali e storiche sia  preminente sul nudo sapere … una comunicazione che si faccia progetto educativo  orientato non più solo sulla cultura, ma anche sul lavoro e la professione, perché sono tutte componenti realizzativo-trasformative del sé  (quindi dell’individuo in quanto identità, differenza, capacità, partecipazione civile) e del suo futuro (benessere economico, affetti, ecc.) –  ho trovato interessante questo articolo sull’Empowerment, pubblicato da Giuseppe Burgio nel 2003 all’interno del volume “Lessico oggi: orientarsi nel mondo che cambia”,  testo quest'ultimo che pone l’accento sul linguaggio e sulla sua capacità non solo di descrivere il mondo, ma di far emergere l'ordine della realtà e della vita sociale, tale per cui le nuove parole che nascono e si diffondono nel discorso corrente (come per l’appunto “empowerment”) aiutano a identificare caratteristiche importanti di un’epoca, tanto più se in rapido cambiamento come la nostra.  
 
Il concetto di empowerment  riesce a cogliere e sintetizzare l’essenza caleidoscopica della comunicazione educativa com’è o come dovrebbe essere, dagli istituti scolastici dei nostri giovani ai luoghi di lavoro, dalle comunità alle associazioni …
Mi ha colpito particolarmente questa bella  frase dell’autore (nel paragrafo dedicato al contesto politico), che qui riporto  “Nel termine stesso empowerment è nascosta una parola ingombrante: potere (power). Non è il potere che siamo abituati a conoscere. Piuttosto che all'accezione comune di avere «potere su» qualcosa o qualcuno, bisogna pensare a un potere inteso come capacità personale, forza, energia, autopotenziamento, incremento delle proprie possibilità, il «potere di» fare, di essere. Questo «potere di» è contemporaneamente improntato all'emancipazione dell'altro, alla solidarietà e all'interdipendenza con l'altro, è immediatamente un «potere con» l'altro.  Mi ha fatto andare con il pensiero alla pedagogia del brasiliano Paulo Freire (ma si potrebbero citare anche Don Milani, Dolci, Capitini), autore che apprezzo moltissimo, grande pedagogo  “di rottura”, con la determinazione etica - teorica ed esistenziale - della sua azione e del suo pensiero, il quale riteneva che un percorso pedagogico dovesse essere contraddistinto da un orizzonte teleologico e finalità irrinunciabili di umanizzazione,  un’educazione concepita come dialogo fra gli “attori di umanizzazione”, la diversità  vista come sorgente di dialogo, l’educazione al contempo come riflessione pedagogica e pratica dell’educazione improntata al dialogo per dare a tutti (con un’attenzione “agli ultimi”)  possibilità e strumenti per difendersi da soli in un’ottica di cittadinanza attiva, per acquisire coscienza critica.  Freire asseriva che la vocazione dell’essere umano è quella di  “essere di più” (superando la sua incompiutezza) e a questo deve mirare la comunicazione  educativa, cioè a sostenere/promuovere  la vocazione al miglioramento intrinseca nell’essere umano, che non deve essere mortificata:  l’uomo è un  “progetto”,  un essere che cammina in avanti , oltre se stesso, verso l’umanizzazione, verso “l’essere di più”…   
E la definizione di Burgio sulla solidarietà, l’interdipendenza (un empowerment, quindi, scevro di sopraffazione), mi ha fatto riandare nuovamente a Freire quando  parlava della necessità di impostare relazioni  realmente finalizzate a  dare un nome al mondo”   e chiariva che “il dialogo è questo incontro di uomini, attraverso la mediazione del mondo, per dargli un nome, e quindi non si esaurisce nel rapporto io-tu».    Hanno rieccheggiato nella mia mente anche le parole del prof. Munari  quando esortava al  “vita tua, vita mea”  (in contrapposizione alla logica “mors tua, vita mea”) quale richiamo alla responsabilizzazione gli uni verso gli altri, alla solidarietà, alla co-attorialità,  al legame intrinseco che  ci unisce nell’ottica di un progresso “sostenibile”;  e infine mi ho pensato anche alle riflessioni fatte da Bauman nel suo libro intitolato “La società individualizzata” in cui  ha evidenziato le pecche di una vita sociale costituita da “individui sempre più individualizzati”.
Nell’articolo di Burgio ho trovato molto interessante anche la sua declinazione del termine di Empowerment nei diversi domini  in cui trova applicazione, che sono poi tra loro correlati secondo un approccio olistico all’individuo  e alla comunità.  Fermi restando i tratti essenziali  -  “empowerment definibile come l'insieme di conoscenze, abilità relazionali e competenze che permettono a un singolo o a un gruppo di porsi obiettivi e di elaborare strategie per conseguirli utilizzando le risorse esistenti,  esperendo la sensazione di poter compiere azioni efficaci per il raggiungimento di un obiettivo, e il controllo, la capacità di percepire l'influenza delle proprie azioni sugli eventi” e ancora “L'empowerment è strettamente connesso al concetto di cambiamento.. .L'empowerment è, insomma, una tecnica per (ri)prendere in mano il controllo della propria vita, una modalità per progettare ed agire con efficacia e realismo, ma, soprattutto, rappresenta un nuovo approccio epistemologico, una nuova pensabilità del cambiamento - per il singolo, per il gruppo, per la società - all'insegna non della ricerca della soluzione migliore, ma dell'aumento delle possibilità, delle scelte, della libertà” -   l’autore analizza il termine nell’ambito Politico, in quello Psicologico (facendo un richiamo specifico alla fasce deboli;  questo rimanda al Digital Storytelling che il nostro gruppo sta elaborando e che vorremmo focalizzato sull’esperienza edu-comunicativa in  una casa-famiglia  volta proprio a mettere i soggetti nelle condizioni di acquisire maggiore sicurezza in sé e nelle proprie capacità di agire in modo costruttivo e socialmente inclusivo); nel contesto dell’Organizzazione aziendale, coniugando il concetto di empowerment al plurale (...purtroppo, ahimé, è un ambito in cui temo che l’Autore troverà scarso seguito, a giudicare dalla “svalorizzazione” delle risorse umane che purtroppo viene fatta in molti contesti lavorativi e  non solo!!),  e in quello della Formazione.
Vi avrò annoiata ? … se così non fosse, ecco di seguito il link al testo di Burgio.
"EMPOWERMENT" di Giuseppe Burgio

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